Medicina ufficiale e non convenzionale


Una testimonianza a sostegno dell’utilità della medicina oggi definita non convenzionale

 

medicina-non-convenzionaleNegli ultimi quindici anni ho dedicato quasi tutto il tempo libero all’approfondimento delle conoscenze sulla salute. Considero questo impegno, assieme all’educazione dei giovani e alla dedizione alla famiglia, il più grande investimento che un uomo possa fare nella vita. Si tratta di un percorso quasi spirituale che ogni persona ha il dovere di compiere per ritornare, autonomamente, in una dimensione umana nel rapporto con il proprio corpo.
Le strategie di difesa della salute poste in essere dagli stati “evoluti”, purtroppo, rischiano di farci sprofondare in un mondo surreale, in cui tutto è possibile grazie alle scienze farmacologiche, alla pillolina magica in grado di risolve qualsiasi problema senza richiederci alcun sacrificio. La corsa all’annientamento del sintomo, prescindendo dalle cause che l’hanno generato, si fa sempre più intensa e agguerrita. Ma il problema viene soltanto spostato in avanti nel tempo, magari ingigantito dalla tossicità degli inutili farmaci ingeriti per anni. Oramai quotidianamente veniamo inondati da spot televisivi, i quali, dopo aver elencato i benefici di questo o quel rimedio farmacologico (25 secondi), si chiudono con una frase esposta velocemente (3 secondi) che mette in guardia rispetto ai pericoli ricollegati al loro utilizzo.
La medicina ufficiale, forse perché negativamente condizionata dal sopravvento tecnologico, sta diventando eccessivamente commerciale e settoriale rischiando di perdere di vista l’insieme: l’uomo. Il corpo è considerato come una macchina: viene studiato e trattato per settori, dimenticando invece che esso è il risultato di una combinazione di elementi che interagiscono meravigliosamente l’un l’altro dando vita all’essere umano, il quale rappresenta una parte della natura e con quest’ultima deve armoniosamente coesistere.
Con il passare degli anni, le varie branche della medicina ufficiale hanno circoscritto la loro sfera d’azione, finendo con l’operare per compartimenti stagni e, quasi sempre, prescindendo dalla collaborazione con il paziente. Molto spesso le richieste del malato, finalizzate ad ottenere chiarimenti o delucidazioni dal medico, o peggio, volte al controllo o alla valutazione del suo operato, vengono lette dagli operatori sanitari come un’intrusione, un’illecita ingerenza. Il risultato di questo errato rapporto è rappresentato dal progressivo allontanamento tra medico e paziente.
Qualsiasi approccio sanitario basato su presupposti diversi viene considerato dalla medicina ufficiale, nella migliore delle ipotesi, “privo di fondamento scientifico”. Ma non è così. Nel campo dell’allergologia e dell’immunologia clinica, ad esempio, la medicina convenzionale appare tendenzialmente refrattaria a recepire soluzioni scientifiche diverse, anche nel caso in cui queste ultime sono sorrette da una documentata letteratura scientifica e, soprattutto, anche quando il loro utilizzo potrebbe rappresentare un ottimo complemento alla medicina ufficiale per rendere più rapido e definitivo il processo di guarigione.
Nel delicato e diffuso campo delle intolleranze alimentari, in particolare, specie nel nostro paese, i pochi medici illuminati, che affrontano queste problematiche abbinando agli stantii protocolli ufficiali altre strategie, sono costretti a rintuzzare attacchi virulenti provenienti dalle fila della medicina convenzionale e non solo.
E’ oramai dimostrato dalla letteratura medica che esistono dei protocolli alternativi per il rilevamento delle intolleranze alimentari (quasi sempre ricollegate ad un’errata alimentazione) che riescono a fornire delle indicazioni piuttosto precise in una fase in cui le indagini ufficiali, per il tramite delle IgE (Immunoglobuline E), non sono in grado di dare risposte. E’ facile intuire quali possono essere i vantaggi di un rilevamento precoce della problematica, a cui, molto spesso, segue un processo infiammatorio, più o meno importante, responsabile di innumerevoli sintomi (problemi intestinali, mal di testa, dolori articolari, riniti, ecc.) e ulteriori patologie, anche di una certa gravità.
Tuttavia, l’aspetto ancora più interessante del nuovo approccio scientifico riguarda la fase successiva al rilevamento della sensibilità alimentare che, nella stragrande maggioranza dei casi, non si basa sull’eliminazione dell’alimento incriminato, ma sulla rieducazione dell’organismo. Tutto questo avviene attraverso la pianificazione di un regime alimentare di rotazione (con giorni liberi e giorni di dieta) che punta al recupero della tolleranza attraverso un percorso molto simile a quello utilizzato per i neonati in occasione dello svezzamento. Tale percorso, tuttavia, presuppone il coinvolgimento del paziente in un progetto educativo che riguarda non soltanto la sfera dell’alimentazione, ma anche l’aspetto psicofisico e, soprattutto, l’uso consapevole dei rimedi terapeutici, compreso i farmaci di sintesi. Questi ultimi, in particolare, rappresentano un utile supporto nella gestione delle criticità contingenti che possono presentarsi in fase di recupero della tolleranza, la quale, tuttavia, deve necessariamente essere incentrata su una sana rotazione alimentare, un’adeguata attività fisica e l’utilizzo di rimedi naturali.
E’ questo, in estrema sintesi, il cammino attraverso il quale sono riuscito a gestire un disturbo autoimmune di una certa rilevanza che da anni mi tormentava. Per tanto tempo ho girato in lungo e in largo l’Italia in cerca di una risposta ai miei problemi, sia in termini diagnostici che terapeutici. Durante questo peregrinare ho consultato anche dei luminari dell’immunologia, rilevando una evidente contraddittorietà sul versante della diagnosi, ma, stranamente, una certa identità di vedute sotto il profilo terapeutico che, ahimè, si è tradotto in anni di somministrazione di cortisonici e antinfiammatori, senza peraltro riuscire a contenere il disturbo. Sotto il profilo diagnostico, l’unico punto sul quale i diversi specialisti da me consultati concordavano era l’esclusione di qualsivoglia problematica di natura allergica o connessa ad intolleranze alimentari: gli esami clinici (quelli ufficiali) lo escludevano.
A distanza di qualche tempo, tuttavia, ho deciso di sottopormi prima al Dria-test e, successivamente, al RecallerProgram. Si tratta di due test non convenzionali, molto diversi tra loro, finalizzati al rilevamento delle intolleranze alimentari. Il primo si basa sulla potenza muscolare e il secondo sulle IgG (Immunoglobuline G). In entrambi i casi è stata rilevata una notevole sensibilità verso due gruppi alimentari: latte e alimenti lattiero caseari, prodotti lievitati e fermentati.
L’impostazione di una dieta di rotazione e l’assunzione di qualche rimedio naturale a supporto hanno fatto rientrare i valori connessi alla problematica autoimmune entro una soglia di tollerabilità nell’arco di dieci mesi e, soprattutto, hanno fortemente attenuato molti di quei fastidi che sino a quel momento avevano negativamente condizionato la mia vita quotidiana (problemi intestinali, dolori articolari, ecc.).
Con il passare degli anni ho maturato la convinzione che il recupero e, soprattutto, il mantenimento della salute non può essere oggetto di delega in bianco agli operatori sanitari (affidereste la gestione del vostro patrimonio ad altra persona senza dare o chiedere mai conto del suo operato? Cosa c’è di più prezioso del proprio corpo?). Il vivere in salute è frutto di una costante ricerca del giusto equilibrio fra una serie di componenti (sfera alimentare, cura del fisico e della mente) che non può prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche peculiari del proprio organismo e, soprattutto, dei segnali (sintomi) che esso ci lancia nei momenti di sofferenza. Dalla nostra capacità di leggere questi segnali deriva la pianificazione della giusta risposta, sia in termini di riassetto alimentare che di supporto terapeutico.
Tutto ciò presuppone non solo una maggiore collaborazione/interazione tra medico e paziente, in una visione più globale e meno settoriale dell’essere umano, ma soprattutto un’adeguata interazione tra “medicina ufficiale” e “non convenzionale”. Il superamento dell’attuale dualismo creerebbe le basi per un approccio alla salute in chiave preventiva più moderno ed efficace. Ma affinché ciò avvenga è indispensabile che i governi dimostrino la necessaria attenzione e sensibilità, anche in termini di sostegno economico, verso una realtà scientifica (oggi definita non convenzionale) in continua evoluzione e in grado di dare risposte nuove, serie ed efficaci.

Giuseppe Iaconis

Pubblicato su:
Rivista Terra Nuova in data 29 agosto 2014
Agoràvox in data 8 agosto 2014
Liquida, agosto 2014