La giustizia o le giustizie?


Che strano questo modo di valutare la bravura dei giudici da parte di illustri esponenti dell’esecutivo. Se dispongono l’arresto di qualche delinquente comune i complimenti si sprecano. Ministri e sottosegretari fanno la fila davanti alle telecamere per accreditarsi i meriti derivanti dalle brillanti operazioni di magistrati e forze dell’ordine.
Se, però, oggetto delle attenzioni dell’autorità giudiziaria è un politico “che conta” gli appellativi più moderati che vengono rivolti ai giudici sono i seguenti: persecutori, militanti politici, aggressori di questo o quel partito.
Ciò equivale a dire che la giustizia dovrebbe essere rapida, decisa, persino spietata, nei riguardi di chi non appartiene al mondo della politica; e attenta, scrupolosa, se non addirittura deferente nei confronti di lorsignori. Guai se si chiede la carcerazione preventiva di un politico, anche se le accuse riguardano reati di mafia; mentre se un qualsiasi cittadino viene messo in libertà prima di una sentenza definitiva che ne sancisca la colpevolezza, all’indirizzo dei magistrati vengono lanciati strali dal potere politico. Si aprono inchieste, si effettuano interrogazioni parlamentari e si inviano persino gli ispettori del ministero di grazia e giustizia.
I conti non tornano. Delle due l’una: o la magistratura (cattiva!) persegue un disegno sovversivo, il che equivale a dire che tra i pm di tutte le procure d’Italia vi è un’intesa finalizzata a rovesciare il verdetto popolare, o, più semplicemente, la magistratura (buona!) indaga nell’intento di perseguire i reati, da chiunque vengano commessi.
Sino a qualche tempo addietro la procura sovversiva era soltanto una, quella di Milano, adesso la lista nera sembra essersi paurosamente allungata (Firenze, Perugia, Palermo, Caltanissetta, Torino). Rischiamo seriamente di diventare ostaggio di un manipolo di magistrati infedeli che hanno fatto rete su tutto il territorio nazionale, oppure, come credo, ognuno vuole giustizia, ma a casa d’altri? La netta sensazione che si avverte da qualche lustro a questa parte è che tutti sono pronti a difendere la magistratura, ma nessuno accetta che i giudici possano intralciare i propri interessi.
Questa “disinvolta” interpretazione dei ruoli istituzionali a cui i nostri rappresentanti politici ci stanno abituando rischia di assestare un colpo mortale alla consolidata civiltà giuridica italiana.
A questo punto l’interrogativo è d’obbligo: dobbiamo difendere la magistratura che ostinatamente continua ad affermare che la legge è uguale per tutti, ovvero rassegnarci al fatto che non tutti gli esseri umani sono uguali? Sono i cittadini che devono sottostare all’ordinamento giuridico o è quest’ultimo che deve adeguarsi alle caratteristiche dei singoli?  In sintesi, dobbiamo avere la giustizia o le giustizie?
Stiamo vivendo un momento di estrema delicatezza. La partita sulla magistratura non è di poco conto, da questa, infatti, dipende la moralizzazione del nostro Paese  e, quindi, il suo futuro sviluppo economico, sociale e culturale. Una giustizia a due velocità determinerà inevitabilmente una “libertà di manovra” eccessiva di politici e amministratori (con il conseguente proliferare dei reati di corruzione, concussione e peculato), la quale, a sua volta, si tradurrà in un’azione amministrativa inefficiente e sprecona che aggraverà il debito pubblico e, soprattutto, il divario sociale.
Iniuria illata iudici videtur ipsi regi illata (l’aggressione fatta al giudice è come se fosse fatta al re).

Giuseppe Iaconis

Pubblicato su “Agoravox” in data  14 luglio 2010 e sul quotidiano “Calabria Ora” in data 18 febbraio 2010