Guardalinee ufficiale “di parte”


Era una delle ultime partite del girone di andata del campionato interregionale e al comunale di Bovalino (RC) doveva giocarsi l’incontro tra Ia Bovalinese e il Pisticci. Come tutte Ie domeniche in cui non venivo impiegato dal C.R.A., mi recai allo stadio appena in tempo per vedere I’entrata in campo della terna e delle squadre. La partita era molto importante poiché erano di fronte due tra le più quotate formazioni del girone e, di sicuro, i colleghi designati per quella gara sarebbero stati tra i migliori della categoria; seguirli con attenzione poteva tornarmi molto utile per il futuro.
Il vecchio comunale della mia città era gremito di spettatori: la tribuna era piena, la piccola gradinata pure e aggrappati alla rete di recinzione c’erano tantissime persone che sembravano incollate l’un l’altra, dei barlumi di luce vi trasparivano soltanto quando la compagine di casa andava vicina alla segnatura. Trascorsi i primi infuocati minuti, la gara cominciò a scivolare via senza particolari sussulti, la terna arbitrale stava operando bene tant’é vero che nemmeno il mio amico Giovanni, diplomatico critico degli arbitri, ebbe qualcosa da ridire. Cominciavo a pensare che Bovalinese-Pisticci  forse sarebbe stata una delle rare partite cui avrei assistito senza i suoi simpatici “rimbrotti” e uscendo dallo stadio, nel caso di sconfitta o pareggio della Bovalinese, avrei potuto attribuire le responsabilità, una volta tanto, a questo o a quello dei suoi beniamini.
Ma andò esattamente cosi…
Mancava circa un quarto d’ora alla fine del primo tempo quando uno dei due collaboratori dell’arbitro Cicogna stramazzò per terra. Non mi resi conto di ciò che accadde esattamente, ma la partita venne interrotta e attorno al collega si creò un assembramento di persone. Successivamente, alcuni dirigenti della squadra locale, lo sollevarono di peso e lo portarono in prossimità degli spogliatoi. A quel punto capii la gravita dell’incidente e mi precipitai verso gli spogliatoi per offrire la mia collaborazione. Lì trovai due colleghi (Callea e Laface) che già si stavano prodigando per assistere lo sfortunato guardalinee che aveva riportato la frattura del femore nel cadere per terra dopo aver inciampato sul piede d’appoggio in occasione di uno scatto. Stava lì, sdraiato sulla terra rossa del rettangolo di gioco, con la divisa impolverata, la gamba stretta in mezzo a due pezzi di legno legati l’un l’altro con una corda, le mani sotto la nuca e nel viso stampata una smorfia di dolore. L’ambulanza lo portò al vicino ospedale di Locri.
Il collega Cicogna mi chiese se me la sentivo di sostituirlo e nonostante fossi ancora sotto shock non ebbi alcuna esitazione e risposi affermativamente alla sua demanda. Vestii velocemente la divisa ed entrai sul terreno di gioco accolto da un caloroso applauso, una pacca sulla spalla da parte dei due colleghi e via a prendere il mio posto sulla fascia laterale. Mi concentrai al massimo sulla partita, non potevo sbagliare proprio davanti agli sportivi della mia città e, nonostante i “mugugni” di qualche spettatore, non esitai ad alzare più volte la bandierina per segnalare la posizione di fuorigioco degli attaccanti di casa.
La partita fini 0-0 e i calciatori di entrambe le squadre vennero a complimentarsi con la terna per l’imparzialità dimostrata. Ero molto contento, soprattutto dopo aver conversato con il commissario speciale, ma avrei volentieri rimandato il mio esordio ad un’altra circostanza.

Giuseppe laconis

Pubblicato sulla rivista “L’Arbitro” nel dicembre del 1991