Il conflitto di interessi e il gatto con gli stivali


Leggo sul Corriere in un articolo di Marco Galluzzo che il presidente del Consiglio ha detto di non avere alcuna difficoltà a firmare il decreto salva Retequattro perché occorre salvaguardare centinaia di posti di lavoro. A suo dire il conflitto di interessi non esiste. Subito il mio pensiero è andato ai lavoratori del polo tessile di Cetraro i quali da mesi lottano contro un’ assurda decisione dell’ azienda che ha deciso di spostare la produzione nei Paesi dell’ Est; ai lavoratori dell’ Afor (azienda forestale) di Bovalino che da anni vivono una lenta agonia che porterà allo smantellamento dell’ unico stabilimento del paese; ai lavoratori delle officine Omeca di Reggio Calabria che vivono un’ analoga tragedia…

Giuseppe Iaconis Bovalino (Rc)

Caro signor Iaconis, lei pone una questione che mi hanno sottoposto in molti: perché un’ azienda che è di proprietà del presidente del Consiglio, nel caso specifico Retequattro, deve godere, rispetto a tutte le altre i cui operai corrono il rischio di finire sul marciapiedi, di un trattamento di riguardo? Non si potrebbe fare un decretino per tutte? Ovvio che no ed è qui che, come lei osserva, si riaffaccia l’ annosa questione del conflitto di interessi. Una faccenda che il capo del governo ha risolto così: si tratta, ha detto, di «favole metropolitane» (leggende come, a suo dire, quella della resistenza in Cecenia): «chi ci crede – ha aggiunto – crede anche al gatto con gli stivali». E la promessa che fece nella primavera del 2001 di risolvere la questione nei primi tre mesi che avrebbe trascorso a Palazzo Chigi? «Ho mantenuto gli impegni con gli elettori, il governo ha approvato il disegno di legge nei primi cento giorni e l’ ha trasmesso al Parlamento dove l’ opposizione ha fatto una guerra e ne ha impedito l’ approvazione perché ha “interesse” a usare strumentalmente la questione contro il governo». Incredibile. Il conflitto di interessi è talmente evidente che, a prender per buono il sillogismo berlusconiano, si è costretti a prestar fede anche alla favola del gatto con gli stivali. Non esistono al mondo Paesi civili nei quali non sia in vigore una legislazione atta a colpire i monopoli e i cui governanti, non esigano che sia rispettata. Negli Stati Uniti è ancora vivo il ricordo dell’ offensiva anticoncentrazione del 1911 contro la compagnia petrolifera Standard Oil di John D. Rockefeller sostenuta dalla Casa Bianca in applicazione della legge Sherman del 1890. Nel 1981 il giudice Harold Green in base alle leggi sulla concorrenza condannò alla divisione il colosso telefonico AT&T che valeva 53 miliardi di dollari; il gigante della telefonia si oppose con ogni mezzo, ma il presidente statunitense Ronald Reagan fu irremovibile nel far applicare quel verdetto e il 1° gennaio 1984 la scure si abbatté su AT&T. E gli effetti sono stati positivi sia in termini di innovazione tecnologica che di qualità dei servizi e di beneficio per gli azionisti. E se il presidente Usa dovesse essere coinvolto in qualche modo con le aziende prese di mira dalle leggi antitrust? Dappertutto tranne che in Italia ci sono norme severe che affrontano questa eventualità e non esiste al mondo Paese civile in cui un uomo di governo non si sottoponga alle procedure che regolano il conflitto di interessi. Come è noto, il vicepresidente americano Dick Cheney proprio in questi giorni è costretto a piegarsi all’ autorità della Corte suprema per essere stato, prima (sottolineo: prima) di affiancare Bush, a capo della società Halliburton che poi (sottolineo: poi) è stata coinvolta in una brutta vicenda di gonfiamento dei prezzi in margine alla guerra dell’ Iraq. Altro che polo tessile di Cetraro e Afor di Bovalino, caro Iaconis. Qui in Italia, il nostro gatto con gli stivali si fa beffe di sentenze contro le concentrazioni nel sistema televisivo e accusa i topi di non aver voluto norme che vincolino i suoi comportamenti. L’ abile felino ha trasformato la presidenza del Consiglio in un ufficio che cura esclusivamente i suoi interessi giudiziari, le sue proprietà, gli affari della sua famiglia e dei suoi famigli. Davvero incredibile.

Mieli Paolo

Pubblicato sul Corriere della Sera – Rubrica Lettere –  in data 23 dicembre 2003