Che giungla quella delle cooperative!


Lo svolgimento di un’attività imprenditoriale in forma associata é espressamente previsto della nostra legislazione. Le forme attraverso le quali l’associazionismo si può realizzare sono diverse; tra di esse notevole importanza riveste la cooperazione, e quindi la “società cooperativa”,  che rappresenta una particolare struttura societaria prevista e disciplinata del nostro codice. La particolarità di questa forma di società è data da un requisito ineliminabile e necessario affinché si possa dare all’impresa la denominazione di “società cooperativa”.  Il requisito in questione, che non riguarda la forma ma la sostanza, è rappresentato dalla “mutualità”; infatti, lo scopo mutualistico è previsto dall’art. 2511 c.c., che testualmente recita: “Le imprese che hanno scopo mutualistico possono costituirsi come società cooperative a responsabilità limitata o illimitata …”. Tale norma si ricollega direttamente all’art. 45 della Costituzione, nel quale il Costituente riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata, demandando a Legislatore ordinario il compito di promuovere e favorire lo sviluppo di tale forma di associazionismo.
Ma vediamo che cosa debba intendersi per mutualità.
Il termine mutualità significa letteralmente: “Soccorrersi vicendevolmente attraverso l’unione e le associazioni di reciproco aiuto”. Ora, se questo concetto generalizzato viene inquadrato più specificamente al fenomeno della cooperazione, ci accorgiamo che le società cooperative di produzione e lavoro devono mirare a realizzare fra i soci delle condizioni di lavoro più favorevoli di quelle che singolarmente potrebbero conseguire sul libero mercato. Da ciò si desume che una società cooperativa di produzione e lavoro deve (o dovrebbe) nascere fra individui che svolgono una stessa attività, o quanto meno attività affini. Così ad esempio: fra agricoltori si potrebbe costituire una cooperativa agricola, fra falegnami una cooperativa per la lavorazione del legno, e via dicendo.
Nella realtà però vediamo sorgere, giorno dopo giorno, cooperative di produzione e lavoro sui generis, nelle quali l’organigramma societario si presenta molto eterogeneo. E’ facile imbattersi in società cooperative (ad es. di tipo agricolo) costituite fra impiegati di enti pubblici, insegnanti, studenti, muratori, falegnami, ecc.. Appare evidente che queste società nascono su presupposti sbagliati, trasgredendo quanto dispone la legislazione vigente in tema di cooperazione; c’è in atto un abuso di questa forma di associazionismo allo scopo di beneficiare delle numerose agevolazioni appositamente previste per favorire lo sviluppo della cooperazione, in ottemperanza a quanto dispone l’art. 45 della Costituzione. L’intento speculativo, tipico di tutte le altre forme societarie, non dovrebbe rivestire nell’ambito della cooperazione alcuna rilevanza o, per meglio dire, dovrebbe avere un’importanza secondaria essendo la mutualità la molla che fa scattare gli incentivi e le agevolazioni previste dalle leggi vigenti.
Ciò nonostante molte delle cooperative di nuova costituzione, specialmente nel Meridione, trovano nella speculazione privata la loro ragion d’essere, e la prima speculazione consiste proprio nella scelta di questa struttura associativa che consente di godere di numerose agevolazioni. E’ evidente in questi casi che la mutualità, pur essendo necessaria per poter usare la stessa denominazione di cooperativa (art. 2515 c.c.), non esiste. Tuttavia, pur mancando i presupposti, si sta usando questa forma di società in luogo di altre previste dal nostro codice.
Il fenomeno in questi ultimi anni è diventato a dir poco allarmante, in special modo nelle regioni meridionali dove, molto spesso, dietro le cooperative si nascondono amministratori di enti pubblici che ne favoriscono la nascita, facilitando l’accesso alle diverse forme di finanziamento e commissionando alle stesse dei lavori che nella stragrande maggioranza dei casi non vengono svolti (tuttavia ciò avviene anche con altre forme di società), usandole in definitiva per scopi puramente elettorali.
Continuando di questo passo si rischia di svuotare completamente di contenuti l’istituto della cooperazione che, non dimentichiamo, è stato concepito per dare la possibilità ai lavoratori di realizzare condizioni di lavoro più favorevoli;  per questo motivo, e soltanto per questo, a legislazione vigente ne favorisce l’incremento.
Sarebbe opportuno a questo punto un intervento dell’autorità governativa (Ministero del Lavoro) per fare ordine in un campo che definire una giungla è poco.

Giuseppe Iaconis

Pubblicato sulla “Gazzetta del Sud” in data 5 novembre 1991