Nabil, l’angelo venuto dal mare


“Nabil, l’angelo venuto dal mare” è un romanzo che narra la storia di un giovane nigeriano costretto a lasciare il suo Paese a seguito della violenza terroristica di “Boko Haram”. L’autore, nel raccontare le vicende personali del protagonista Nabil, analizza le cause che originano i flussi migratori dai Paesi dell’Africa subsahariana e delinea i sistemi di sfruttamento attualmente in atto in Italia e in Europa.
Il libro offre una chiave di lettura diversa del fenomeno migratorio al fine di favorire una valutazione più serena e obiettiva delle problematiche che lo caratterizzano.
Gli stereotipi proposti da politici “disattenti” e mezzi di comunicazione poco disposti ad analizzare adeguatamente gli accadimenti socioeconomici, spesso, finiscono per rappresentare solo parzialmente, se non in maniera distorta, la realtà.
L’autore non intende sostenere l’esistenza di un’unica tipologia di migrante, tutt’altro. Il fine ultimo, invece, è quello di mettere in guardia rispetto ai possibili rischi derivanti dalla generalizzazione.
La storia narrata, che origina da un episodio realmente accaduto, finisce per innescare un percorso emozionale in cui sogno e realtà s’intrecciano sino a confondersi tra loro.

 

Dalla postfazione di Vito Pirruccio
“I morti della speranza sepolti nella fossa comune del Mediterraneo scuotono, solo ad intermittenza, l’immaginario collettivo della nostra Europa, smarrita e alla prese con le proprie insicurezze. Il leitmotiv del dibattito politico-sociale è imperniato sugli strali demagogici che intersecano la società europea in lungo e largo. Solo quando la crudeltà delle immagini buca il filo di responsabilità che, ancora, alberga nella coscienza comune europea (tipo quella del corpicino di Aylan respinto dai marosi sulla spiaggia turca di Bodrum), si riesce a ricondurre i “viaggi della speranza” nella loro vera cornice sociale ed economica che chiama in causa, principalmente, le responsabilità storiche del mondo opulento. Allora, se si riesce a conquistare la dimensione della ragione, la riflessione pacata non può non cozzare con quella di chi cercherebbe, dinanzi a problemi complessi, di prospettare soluzioni semplici. Dinanzi alla complessità dei fenomeni, come quello migratorio, non esistono, infatti, soluzioni semplici e a portata di mano…”.