Una proposta per accrescere la qualità del servizio mensa nelle scuole di Bovalino: la creazione delle “Commissioni mensa”


A Bovalino, oramai da qualche settimana, è partito il nuovo servizio mensa nelle scuole. Il compito di ristorare gli allievi frequentanti le strutture scolastiche della cittadina jonica, relativamente all’anno scolastico in corso, è stato affidato dall’Amministrazione comunale ad una ditta esterna al paese, la quale prepara i pasti a Locri e successivamente li trasporta e li distribuisce a Bovalino.
Ma come funziona in realtà la mensa scolastica nel paese? Va davvero tutto bene, come sostengono funzionari e amministratori?
Le risposte a questi interrogativi dovrebbero scaturire dalla costruzione di un serio rapporto di collaborazione tra Amministrazione comunale, azienda appaltatrice, scuole e utenti. Un confronto sistematico tra i soggetti citati, infatti, non solo fugherebbe i legittimi dubbi dei genitori, ma determinerebbe un miglioramento del servizio, accrescerebbe il livello di soddisfazione degli alunni e, soprattutto, impedirebbe ad ognuno di  “nascondersi” dietro il formale adempimento dei propri compiti.
Ma, purtroppo, si è ancora lontani da questo traguardo. Così accade che molti genitori addirittura lamentino la mancanza di informazioni sulla ditta vincitrice la gara d’appalto, della quale sono in pochi a conoscere la denominazione, l’esatta ubicazione, i responsabili, nonché le attrezzature e i mezzi di cui è dotata. Perché nelle aule scolastiche non sono stati esposti degli avvisi recanti queste notizie, in modo da soddisfare il sacrosanto diritto dei genitori ad essere informati?
Un’altra questione, che desta non poche perplessità, è rappresentata dalla distanza che c’è tra le sedi scolastiche e il centro di cottura. L’azienda appaltatrice, infatti, è ubicata nel comune di Locri e, considerati i tempi di percorrenza medi della s.s. 106 in questo specifico tratto, occorrono almeno venti minuti per consegnare il cibo, i quali andranno ad aggiungersi al tempo necessario per l’imballaggio, il carico e lo scarico. Di conseguenza, sono in tanti a domandarsi  qual è il livello di qualità dei prodotti che quotidianamente i bambini bovalinesi consumano, visto che ogni giorno tra il momento in cui viene ultimata la cottura e quello della consumazione trascorrono a dir poco 40 minuti. L’azienda fornitrice dei pasti garantisce concretamente il mantenimento delle temperature previste dalla vigente legislazione?
Anche questo è un interrogativo che potrebbe trovare risposta nella costruzione di un solido rapporto di collaborazione tra enti pubblici, famiglie e aziende.
Quest’ultima questione non è certo di poco conto, visto che, come accennato, esistono delle norme puntuali che stabiliscono, a tutela della salute dei consumatori, le temperature necessarie entro le quali mantenere i pasti sino al momento della consumazione (D.P.R. 327/80 – Regolamento di esecuzione della L. 30 aprile 1962, n.283). Ad esempio: gli alimenti deperibili cotti, da consumarsi caldi, devono essere conservati da +60° C a +65° C (una delle cause di intossicazione più diffusa è rappresentata dal moltiplicarsi dei germi, reso possibile dall’abbassamento della temperatura nei cibi); gli alimenti deperibili cotti, da consumarsi freddi, e le paste alimentari fresche con ripieno, devono essere conservati a temperatura non superiore a +10° C; gli alimenti deperibili farciti con panna o crema, yogurt, bibite a base di latte non sterilizzato, devono essere conservati a temperatura non superiore a +4° C; ecc..
Proprio per questo la normativa vigente (art. 43 del D.P.R. n. 327/80) richiede persino che il trasporto dei pasti debba avvenire in contenitori e con automezzi in possesso di una specifica idoneità igienico-sanitaria.
La tematica è molto delicata e fortemente sentita specialmente dai genitori dei bambini frequentanti le scuole materne. A tal proposito, in molte realtà italiane, sono state costituite delle Commissioni mensa: organismi che hanno il compito favorire il miglioramento della qualità dei pasti e una corretta gestione del servizio pubblico.
Le Commissioni mensa, in buona sostanza, aiutano le Amministrazioni comunali ad andare al di là delle regolarità formali, poiché garantiscono una rete di controlli che punta a verificare il rispetto delle norme contrattuali da parte delle ditte che gestiscono le mense scolastiche. Si tratta di un controllo forse meno professionale e competente di quello messo in atto dagli enti pubblici, ma sicuramente più capillare, più attento, motivato e costantemente esercitato da soggetti che certamente stanno dalla parte degli utenti.
Tuttavia, le Commissioni mensa hanno anche altre, e forse più importanti, funzioni: devono capire come funziona il servizio e “spiegarlo” agli altri genitori; osservare e possibilmente misurare il grado di soddisfazione e benessere dei piccoli utenti; valutare se il sistema è in grado di soddisfare le loro esigenze, sia nutrizionali che educative; saper proporre, criticare, suggerire, per far sì che la scuola “faccia scuola” anche all’ora di pranzo.
Tutto questo al Nord è da tempo entrato nella mentalità di amministratori, dirigenti scolastici e aziende, mentre al Sud si brancola ancora nel buio. Nella Locride, in particolare, un genitore che si preoccupa di verificare quale sia la qualità del cibo che i propri figli consumano a scuola, e quindi chiede informazioni in tal senso, spesso viene visto come un rompiscatole. E’ facile imbattersi in funzionari comunali che, anziché apprezzare l’interessamento dei genitori, non solo si dimostrano seccati, ma giungono persino ad usare parole e toni sicuramente non appropriati.
I nostri amministratori forse non si rendono conto che assegnando in appalto la preparazione di un lotto di pasti per la scuola, o la consegna di un certo quantitativo di derrate crude per i nidi o le materne, affidano alle imprese appaltatrici una fetta di mercato protetto.
Purtroppo, però, le imprese che operano in regime di monopolio, cioè senza il pungolo della concorrenza, obbediscono all’imperativo della massimizzazione del profitto e, quindi, tendono fatalmente a ragionare soltanto in termini di costi e ricavi.
Se il consumatore è scontento del cibo che gli vende il droghiere sotto casa, cambia negozio; se il possessore del buono pasto aziendale non viene soddisfatto dal ristorante dove si reca a mangiare protesta e il giorno seguente va altrove. I bambini che mangiano a scuola, però, non possono fare altrettanto: la ditta fornitrice dei pasti, purché non incorra in gravissime e ripetute infrazioni contrattuali o non provochi casi più che clamorosi di intossicazione di massa, resterà sempre la stessa.

Giuseppe Iaconis

Pubblicato nel marzo del 2003