Lettera aperta al dirigente scolastico del futuro


Caro Dirigente del futuro,

io ho conosciuto le “due” scuole: quella pre-autonomistica e quella di adesso, nella quale lei è chiamato a operare. Non le nascondo, con il senno del poi, che preferisco la prima. Dopo oltre vent’anni di autonomia, infatti, non siamo riusciti a migliorare la qualità dell’istruzione e abbiamo messo in crisi uno dei capisaldi del vecchio assetto scolastico: la democrazia.

Tutto questo sembra assurdo, anche in considerazione del fatto che le norme autonomistiche, in astratto, salvaguardano il principio democratico. Ma, si sa, le idee viaggiano sulle gambe degli uomini e – ahimè – molti suoi colleghi, di fatto, hanno fortemente compresso la democrazia sull’altare di un efficientismo che, troppo spesso, ha finito per mascherare un vero e proprio autoritarismo. La prego, non li emuli!

Salvo qualche eccezione, oggi nella scuola manca il confronto, quello vero. Gli organi collegiali si sono trasformati in tanti “cori intonati” che cantano la canzone preferita dal capo e le uniche voci fuori dal coro sono costrette a patire le angherie di quest’ultimo.

Tutto questo ha prodotto una situazione paradossale: coloro i quali, attraverso l’attività didattico-educativa, dovrebbero “costruire e ricostruire la democrazia” (John Dewey) sono i primi a non rivendicarla e non praticarla nelle sedi a ciò preposte.

Per queste ragioni, caro Dirigente del futuro, le chiedo:

  • faccia in modo che all’interno della scuola da lei diretta tutte le persone possano liberamente manifestare il proprio pensiero;
  • esprima sempre alla fine di una discussione la sua personale opinione e accetti di buon grado quelle in dissenso;
  • resista alla tentazione di utilizzare gli strumenti e le prerogative che la legge le offre in maniera impropria;
  • valorizzi le voci fuori dal coro, perché proprio grazie a queste è possibile osservare i fenomeni da punti di vista diversi e, quindi, limitare gli errori, migliorarsi;
  • se le chiederanno – così come è stato fatto in questo ultimi anni – di valorizzare il merito dei docenti non pretenda che presentino un’istanza formale a questo scopo: il merito non si chiede, si riconosce;
  • si circondi di persone capaci;
  • curi con grande attenzione l’aspetto didattico-pedagogico e tenga sempre presente che i servizi generali e amministrativi sono funzionali a quest’ultimo e non viceversa;
  • resista alla tentazione di pianificare PON in quantità industriale. Lo so, anche questo è un modo per integrare i miseri stipendi, ma l’esperienza ci insegna che, laddove si esagera con queste attività non solo non si ottengono riscontri positivi, ma addirittura s’innescano meccanismi peggiorativi;
  • e, infine, cerchi di snellire, semplificare, sburocratizzare tutte le incombenze che menti “superiori” continuano a produrre e riversare nelle scuole. Questo modo di operare – ahimè! – ha prodotto un’unica conseguenza: sottrarre energie mentali ai docenti. Liberi, per quanto le è possibile, queste energie e faccia in modo che gli insegnanti entrino felici e sorridenti nelle aule. Solo così potranno concentrarsi sui veri bisogni degli allievi.

Se riuscirà a dare qualche risposta ai bisogni citati avrà concretamente fatto un passo nella giusta direzione.

Pubblicata su la Tecnica della scuola in data 17/07/2020